Valeria Viviani

Intervistata dalla figlia Irene Berni. L'intervistata è nata nel 1979.

Che scuola superiore hai frequentato e come è avvenuta la tua scelta?
Allora, ho frequentato l’istituto magistrale Santa Caterina a Siena e… e io ho fatto l’indirizzo normale perché all’epoca c’era l’indirizzo normale che durava quattro anni, e poi c’era un anno integrativo dopo la maturità, oppure l’indirizzo, diciamo, sperimentale che era lungo cinque anni; io invece ho fatto proprio quello normale. Quindi mi sono diplomata in quarta poi ho fatto l’anno integrativo. La mia scelta è avvenuta un po’ sotto costrizione, diciamo, perché all’epoca della scelta delle superiori io ero molto… molto propensa per frequentare l’Istituto agrario, c’avevo proprio questo…quest’innamoramento che era scaturito da una giornata di orientamento in cui eravamo andati a visitare l’istituto agrario e mi era piaciuto molto come concetto di scuola; in più credevo che anche come sbocchi lavorativi mi avrebbe dato tante possibilità, insomma, vito che viviamo nel territorio, diciamo, del vino, del Chianti… una delle zone di produzione del vino più rinomate d’Italia e del mondo, e quindi sicuramente quello che avevo in testa io era di diplomarmi all’istituto agrario possibilmente in Perito Enologico…quindi avevo le idee molto chiare, e poi lavorare in questo settore. Però i miei genitori all’epoca questa mia scelta diciamo che non la condividevano e probabilmente non la capivano e non pensavano che fosse una cosa seria, ragionata…E [sospira] iniziammo a escludere varie altre possibilità, come per esempio il Liceo scientifico che era stato frequentato da mio babbo e che frequentavano i miei fratelli, perché insomma non ho mai amato le materie scientifiche, e la mia mamma, che aveva appunto frequentato l’Istituto magistrale mi consigliò per questo Istituto e mi disse che secondo lei ero adatta perché insomma avevo comunque sin da piccola la propensione a stare coi bambini. E quindi [ride], diciamo che la mia scelta obbligata fu questa.

In cosa consiste l’anno integrativo che attualmente non è più presente nel piano di studi dei licei?
Allora, l’anno integrativo era un approfondimento di alcune materie, non è che si facessero tutte le materie… mi ricordo che si portava avanti il discorso con la matematica, italiano, latino, storia.. ecco, questo sicuramente, altre materie non mi sembra di ricordarmele. E poi alla fine di quest’anno integrativo c’era comunque un altro esame che ti dava la possibilità di accedere alle facoltà universitarie, perché con il corso normale delle Magistrali, quello che avevo fatto io, potevi andare direttamente a insegnare, quindi trovare il lavoro come insegnante, però non potevi frequentare l’Università. Quindi, per frequentare l’Università dovevi fare quest’anno integrativo, e non sapendo all’epoca che cosa avrei fatto feci anche quest’anno integrativo al termine del quale, però, trovai lavoro come insegnante, quindi poi alla fine ho iniziato comunque il percorso lavorativo subito dopo la scuola.

Quali erano le materie principali?
Dunque, le materie principali, quelle proprio d’indirizzo ma non solo sulla carta… quelle che proprio mi hanno messo in grado di poter insegnare concluso il ciclo scolastico, erano sicuramente psicologia e didattica, perché c’era la didattica che era una materia vera e propria e che veniva fatta sia da un punto di vista teorico che poi pratico, cioè andavamo nelle classi delle elementari, delle scuole dell’infanzia, che un tempo si chiamavano materne, e andavamo appunto ad affiancare le insegnanti e a imparare il mestiere.

Com’era il tuo rapporto con la scuola?
Allora, devo dire che il mio rapporto con la scuola era abbastanza familiare…questo probabilmente anche perché non era una scuola di quelle più grandi di Siena, insomma, era più piccola anche come numero di classi rispetto allo scientifico, rispetto agli Istituti tecnici… e quindi c’era quasi una dimensione familiare. Con i professori c’è sempre stato un rapporto molto aperto e devo dire che il rapporto con la scuola è sempre stato positivo, anche nei momenti o nelle materie in cui magari non brillavo però comunque ho sempre mantenuto un bel rapporto.

Come reagivano i tuoi genitori ad un brutto voto?
[Ride] Eh, dunque, i genitori a un brutto voto [sospira]… la reazione era quella, vabbè… probabilmente un po’ di delusione da parte loro e la richiesta di impegnarmi di più… e poi magari al momento mi veniva levato qualche benefit, qualche cosa a cui tenevo fino al momento in cui non recuperavo questo brutto voto, ecco, per stimolarmi più che altro. Diciamo che cercavano di stimolarmi a riprendermi.

Pensi che la scuola che hai fatto ti abbia lasciato qualcosa?
La scuola che ho fatto mi ha lasciato tantissimo, anche perché, appunto poi, finita la scuola è stato… sono entrata nel mondo dell’insegnamento e anche se non ci sono stata tantissimo… però ho capito che quella era veramente la mia strada, quindi alla fine poi devo ringraziare i genitori per la scelta obbligata… E la scuola mi ha lasciato… diciamo la competenza perché, effettivamente, mi ha preparata. Quando sono uscita dalle Magistrali ero preparata e pronta per insegnare ai bambini... diciamo... dell’età delle elementari , ecco. E [sospira]… quello che mi mancava era l’esperienza, però tanto quella quando iniziamo siamo tutti inesperti… e poi negli anni oltre alla preparazione viene anche l’esperienza.

Quali sono le principali differenze che hai notato fra la scuola che hai frequentato tu e il Liceo che c’è ora?
Allora, cosi… diciamo un po’ sommariamente, perché poi non lo vivo in prima persona, però la differenza principale forse è proprio questa, cioè… il discorso di.. di preparare i ragazzi a un eventuale lavoro nell’ambito dell’insegnamento. Penso che sicuramente ora si conti sul fatto che finito il Liceo, finita la scuola superiore, si debba comunque per forza frequentare l’Università per concludere la preparazione, e quindi molte cose che noi già possedevamo, molte competenze che noi già possedevamo uscendo dalla scuola superiore, ora viene dato per scontato che si acquisiranno in seguito e… e questo da una parte è normale perché è cambiato proprio l’itinerario… sono cambiate proprio le tappe. Però secondo me anche questo rimandare sempre a un’età più adulta certe cose, non è positivo.

Pensi che l’approccio con la scuola oggi sia cambiato rispetto a prima?
Allora, tutto è cambiato. Rispetto a prima il mondo è cambiato, i genitori sono cambiati, le famiglie sono cambiate, e quindi anche il rapporto e l’approccio con la scuola dei ragazzi di oggi sicuramente è cambiato. Prima, anche se non si parla di cinquant’anni fa, però comunque forse c’era un po’ più di timore reverenziale, di… forse in tanti casi anche più rispetto da parte dei ragazzi, non solo per i singoli professori, ma proprio per l’istituzione scolastica; e… questa cosa secondo me è da attribuire a due aspetti principalmente: uno è che nelle famiglie in primis non si respira sempre questa sensazione di rispetto per l’istituzione scolastica, quindi troppo spesso o i ragazzi vengono difesi a priori rispetto alla scuola, troppo spesso si vuole trovare nella scuola il capro espiatorio di tante mancanze dei ragazzi… e questo sicuramente ha inciso e non va bene. Oltre a questo, c’è da dire però che la scuola, dal canto suo, spesso si è messa in una posizione, sin dalle elementari per arrivare poi alle superiori, in cui ha fatto più da “amica” rispetto ai ragazzi e... e questo è il prezzo che paga ora; perché quando ti fai troppo amico dei ragazzi, poi il rapporto necessariamente perde di quella reverenza che secondo me invece ci deve essere.