Simona Ciani

Intervistata dalla nipote Allegra Taddei.

Come ti chiami?

Mi chiamo Simona Ciani e sono nata a Sovicille il 20 luglio 1964.

Di che contrada sei?

Sono della Nobil Contrada del Bruco.

Che esperienza ti ha segnato nella tua vita?

L'esperienza più significativa credo che sia stata il mio soggiorno a Londra di quasi sei mesi.

Perfetto, raccontami.

Dopo essermi diplomata nell'indirizzo linguistico dell'Istituto tecnico Monna Agnese nel 1983, avevo deciso di non proseguire gli studi e iniziai a cercare lavoro, ma presto mi resi conto che la mia conoscenza linguistica soprattutto di inglese non era sufficiente e quindi mia mamma ebbe l'idea di contattare un suo cugino che abitava e lavorava a Londra con la sua famiglia per vedere se era disponibile ad ospitarmi. Partii a giugno del 1984, onestamente non sapendo bene che cosa aspettarmi. Appena arrivata Nevio, ovvero il cugino di mia mamma per l’appunto, che lavorava come direttore ai piani in un grand hotel in Oxford Street, mi disse che da lì a tre giorni avrei iniziato a lavorare come cameriera alle colazioni nella sala principale e il pomeriggio avrei fatto lezione di inglese per poter prendere il First Certificate of Cambridge. Ciò mi preoccupò molto perché non avevo mai fatto la cameriera e soprattutto il mio inglese era assolutamente insufficiente per affrontare una clientela di un hotel a 5 stelle. Lui mi disse di non preoccuparmi perché avrei avuto il supporto dei colleghi. E così iniziò la mia avventura.

Come arrivavi a lavoro, quanto lavoravi e quanto di pagavano?

Allora, partivamo da casa alle 6, iniziavo a lavorare alle 7 e finivo alle 11, pranzavo in mensa, mi precipitavo a lezione e tornavo a casa alle 17,30. I colleghi erano molto gentili e disponibili e presto iniziai a servire i tavoli in autonomia. Mi ricordo che la paga era di 54 sterline a settimana più le mance.

C’è qualcosa di questa esperienza che ti ha fatto sentire sola?

Sì, mi ricordo in particolare un episodio: ad agosto la famiglia andò in ferie per due settimane ed io rimasi da sola. In un primo momento fui elettrizzata e mi immaginavo di fare follie tutte le sere. La realtà fu molto diversa: mi alzavo alle 5, prendevo la metropolitana (abitavamo in periferia nord, penultima fermata della linea nera) e poi lavoro e studio. Quando ritornavo a casa ero stanca e poi, abitando in un quartiere residenziale con strade praticamente deserte, il pensiero di ritornare la sera da sola mi gettava nel panico e quindi una volta a casa, mettevo l’allarme e non uscivo fino alla mattina dopo.

Quando sei tornata?

Ho concluso il mio soggiorno a dicembre con una piccola pausa ad agosto per il palio perché correva il Bruco.

Cosa ti ha lasciato questa esperienza?

Mi ha lasciato tante cose belle: nonostante le fatiche, le paure e fare i conti con abitudini diverse (come non risciacquare i piatti dal detersivo) e con la vita di una metropoli, rimane l’esperienza più formativa e bella e che ha avuto una ricaduta positivissima sulla mia vita. Infatti, al ritorno, dopo una serie di lavoretti, iniziai a lavorare all’Università di Siena, nella segreteria di un centro di ricerca dove la mia conoscenza dell’inglese era costantemente applicata. Da 10 anni lavoro alle Relazioni Internazionali dell’Università di Siena e gestisco la mobilità Erasmus in uscita. Anche qui la mia conoscenza delle lingue (inglese, francese e spagnolo) è assolutamente indispensabile. È incredibile come un’esperienza, che all’inizio credevo essere non più di una vacanza, abbia potuto invece rivelarsi così importante e formativa, non solo dal punto di vista lavorativo, ma anche personale perché posso dire che partì un’adolescente insicura e ritornò una giovane donna.

Grazie per avermi dedicato il tuo tempo.

Grazie a te per avermi intervistato.