Marina Brogi
Intervistata dalla nipote Silvia Burroni.
Parlami un po’ della tua infanzia.
So nata tanto tempo fa, il 7 di settembre del 1930, a Siena, so’ nata a.. si chiama Bucciano, è vicino Certosa, e ci so’ stata fino a dieci anni, a dieci anni so’ tornata qui dove sto ora.
Da piccina andavo a scuola, ma non c'era il pulmino eh, a piedi! Senti, siccome so’ tornata a Siena a dieci anni e vicino, oddio vicino... c'era tre chilometri ma ‘nsomma, c'era la scuola e c'andavo a piedi, e c'era fino alla terza elementare. Poi la quarta e la quinta da dove stavo so’ venuta a falla a Siena, dalle suore di San Girolamo.
Con cosa giocavi da piccola?
Con che giocavo… co’ niente! (ride) Con poco e niente, co’ una pallina fatta di cencio, una bambolina che t’avevano regalato, la pettinavi, ma poco, poco poco.
Io giocavo coi ragazzi perché dove stavo io da piccina c’erano tutti maschi, sicché io giocavo a guardie e ladri, poi che si faceva… un me lo ricordo nemmeno.
Aiutavi in casa?
In casa dovevo aiutare, facevo le cose che poteva fare una cittina, però per esempio ci s’aveva il pozzo fuori quando stavo in campagna, allora andavo a prende l’acqua, col secchio più piccino perché quello più grosso un lo pesavo, però dovevo anda’ a piglialla. Lo sai che facevo? Andavo dalla mi’ nonna a guarda’ i maiali perché mi davano i salsiccioli, ammazzavano il maiale e poi mi davano il salsicciolo.
Una volta finita la scuola che hai fatto?
Dopo le elementari so’ andata a lavoro, ho fatto solo la quinta elementare io, basta. Le donne a quell’epoca non studiavano, o sia, studiavano anche, se avevano la possibilità ma io non ce l’avevo sicché andavo a lavoro.
Da piccina portavo i fiori a una fioraia, quando so’ tornata qui a Siena che avevo diec’anni. Per le mi scale c’era una fioraia, il posto tuttora si chiama “Piccolo Sanremo”. Io andavo a porta’ i mazzi di fiori alle persone che li mandavano, mi davano una mancetta e intanto facevo qualche cosa.
Poi strada facendo facevi altre cose quando crescevi, io poi ho fatto i liquori, facevo il whisky per l’americani, poi ho fatto la tessitrice per diec’anni e poi a bottega per cinquant’anni.
La bottega era nel vicolo San Pietro, una bottega piccina, un banco ambulante, c’ero io e la mi’ mamma, fino agli anniSsessanta si vendeva tutta la roba, golfi, camice.. poi incominciò la gente a veni’ a fa’ le passeggiatine meglio e si cambiò mestiere e si mise articoli turistici e c’andò bene, tutto lì, e l’ho fatto fino al 1996, poi so’ invecchiata e so’ andata in pensione! (ride).
Faccio volontariato dal 1956 qui alla Misericordia, ho fatto l’ore che potevo fa’, poi quando ho chiuso bottega e ho venduto allora ci so andata più spesso, tengo il guardaroba e lì ci vo tutti i giorni a vedere un pochino come funziona.
Chi ti ha avvicinato alla Misericordia?
Ah eh ci sto di casa (ride) ma nessuno sai, stando qui sapevo quello che facevano, facevano già i corsi per anda’ in ambulanza, a me mi piaceva. Nel 1956, prima non lo potevo fa’ perché il mi babbo stava male è morto nel 1955, dopo morto il mi’ babbo ero più libera, ho fatto un corso… chiamiamolo infermieristico… ma a quei tempi non è che c’erano tutti gli attrezzi come c’è ora in ambulanza. E andavo con l’ambulanza a prende i malati quando avevo tempo,
E ora invece sei al guardaroba...
Eh vedrai la barella chi la piglia, ci casco sopra! (ride)
Come vi divertivate al tempo? Facevate le feste?
Andavo a ballare perché mi piaceva tanto, però con dei tempi parecchi diversi, si ballava di pomeriggio, dalle cinque alle sette o sette e mezzo, poi si riballava dalle nove a mezzanotte, allora però se ci andavi di giorno un ci andavi di notte, ora un esageriamo eh…
Si andava a fa’ le passeggiatine pel corso, diceva “si va a fa’ una vasca”
Si dice ancora “fare le vasche” per il corso sai?
Anche allora si diceva, quello s’è mantenuto allora vedi...
Non è che c’erano le cose di ora eh, poi magari anche le sale da ballo ce ne erano parecchie e belle, c’erano i Riuniti, c’erano i Bancari, però per accederci, ci potevi andare ma magari non ti sentivi a tuo agio, magari ci voleva un vestito un pochino più bellino, te un ce l’avevi e un c’andavi.
Che vestiti andavano al tempo?
Mah, io per esempio i pantaloni l’ho sempre portati, perché lavoravo dal Carboni come tessitrice, dal 1950 c’ho lavorato fino al ‘59 e lì ci s’aveva una tuta, una tuta proprio da uomo, co’ pantaloni, perché le macchine c’avevano le cinghie era pericoloso. Sicché i pantaloni quando non li portava nessuno io li portavo, mi guardavano ma io li portavo lo stesso. Però per andare a ballare mi garbava un vestito più bellino perché i pantaloni li vedevo da lavoro.
E i fidanzati?
Eh oh piccinina ce ne ho avuti anche io sai, eh, un ero mica tanto brutta. Eh so’ stata fidanzata sett’anni con uno, ma poi cominciai a capire qualche cosa, un mi garbava più. Al tempo dicevano che l’uomo doveva mantene’ la donna, a me non mi deve mantenere nessuno, mi mantengo da me. Ma io sempre stata un pochino, come ti posso di’… liberale, cioè, se una cosa mi va bene, mi va bene, se non mi va bene te pensala come ti pare, io la penso così e fo così, se a te non ti torna a me un me ne po’ importà di meno.
Non m’è mai stato pensiero a lavorare, tutti i lavori mi vanno bene, perciò io mi posso mantene’, senza andare a cercare quello che ti mantiene, a me un mi mantiene nessuno. Quando l’ho lasciato era il ‘54, c’erano idee completamente diverse ma a me un me ne poteva importa’ di meno.
Della guerra che mi puoi dire?
Mhhh lasciamo sta’ guarda, questa qui mi fa piange, sai l’ho vissuta da ragazzina giovane, la paura la sentivo un pochino meno, la curiosità più che altro, perché stavo qui dove sto ora e allora c’erano le ambulanze partivano e ritornavano tutte con il sangue te andavi a vede che c’era. Meglio non ricordarle quelle cose.
C’è chi ha patito anche la fame, io ringraziando il cielo no perché c’avevo tutti i nonni in campagna, ci davano la farina, ci davano il pollo, sicchè non soffrivo per il mangiare. Magari non c’avevi vestiti ecco, c’avevi un vestito pe’ l’estate e uno pe’ l’inverno, appena era sudicio lo lavavi la sera e la mattina te lo rimetteva, ma è così per tutti capito, non è che mi mancasse o che patissi perché qualcuno al massimo c’è ne poteva avere due o tre ma… sicché non è come ora firmato quello, firmato quell’altro.