Elda Alfinito
Intervistata dalla nipote Elisa Lazzerini.
Nonna iniziamo parlando della tua vita da bambina, com’è stata la tua infanzia?
Quando ero piccola, sono parecchi anni a dietro. Ero felice, contenta, spensierata ero libera, volavo, correvo, giocavo all’aperto con i miei amici. Ci incontravamo nel cortile e giocavamo, andavamo al parco, raccoglievamo i fiorellini, cucinavamo. Ero contentissima.
Parlami un po’ della tua famiglia, quanti eravate?
Eravamo un maschio e due femmine, poi ero orfana perché mio padre è morto in guerra e quindi ci cresceva solo mia madre, che era una donna molto attiva, capace, non ci faceva mancare niente. Poi andando avanti mia madre ha conosciuto e si è sposata civilmente con un uomo più piccolo di lei. Con il quale poi ha avuto due figlie. Poi io sono cresciuta ed è finita la mia infanzia ed è iniziata la mia fanciullezza. Io ero molto curiosa, avevo voglia di studiare, di apprendere e con piacere accolsi la proposta di stare in collegio. Quello che ricordo è una bambina con una bambolina in mano, che entra in questo collegio, con saloni immensi, un cortile bellissimo e non mi spaventavano le persone che c’erano o gli altri bambini che c’erano. Ben presto diventai la mascotte, ero molto ben voluta dalla madre superiora, dalle suore, e ricordo ancora i nomi di alcune di loro. Ero felice, mi sono ambientata subito, e ora non ricordo, ma non penso di aver sofferto lo star lontana da casa. Lì ho frequentato la scuola elementare e la scuola media. La mamma spesso mi veniva a trovare, come anche il mio patrigno, e a casa ritornavo nelle festività e durante le vacanze estive. Ricordo con molto piacere tutto il periodo delle medie, perché frequentavo la scuola pubblica, quindi in fila uscivamo dal collegio, ci portavano alla scuola che era proprio al centro della città a Scafati. Comincia poi l’adolescenza e dalla terza media passo al primo superiore, l’istituto magistrale. Sono tornata a casa da mia madre, dalle mie sorelle. Ti devo parlare anche dei miei fratelli?
Se vuoi, se non vuoi o non te la senti no.
No, no è solo triste parlare dei fratelli e delle sorelle. Tre sorelle non ci sono, mio fratello non c’è. L’unico fratello, che era molto geloso di me. Non è che mi dava la libertà di uscire, interveniva subito se mi allontanavo da casa, se ero seguita da ragazzi. Voleva sapere tutto, però era molto buono, generoso. Dunque finita la terza media chiusi con l’istituto delle suore alcantarine di Scafati e ritornai a casa, e iniziai a frequentare il magistrale al centro di Salerno Regina Margherita però soggiornavo presso l’istituto in via Galdieri. Stavo benissimo, eravamo tutti studenti avevamo l’istitutrice che ci accompagnava a scuola tutte le mattine. Questo percorso era bellissimo. A dire la verità ho incontrato tante amiche, mi sono affezionata, ero contenta, frequentavo la scuola con piacere, ho avuto sempre bravi professori, ci impegnavano tantissimo però. Così sono stata lì fino al terzo Magistrale poi il quarto Magistrale l’ho frequentato da casa mia, prendevo l’autobus la mattina, stavo a Sordina, dieci chilometri dal centro. Non era affollato come adesso, e una volta mi ricordo abbiamo anche marinato la scuola, con un gruppo di amiche, ci siamo fatte una bella passeggiata. Poi viene l’esame di Stato, complesso, perché dovevamo portare i programmi degli ultimi tre anni, quindi potevamo essere interrogate su tutto. Avevamo varie materie scritte, italiano, matematica, latino. Comunque superai bene l’esame di Stato, mi congedai con le mie amiche, poi però ci siamo riviste, ancora oggi dopo quasi sessant’anni ci sentiamo, mi chiamano alcune.
L’hai fatta l’università?
No, mi sono fermata all’abilitazione magistrale. Mi dovevo preparare al concorso magistrale per entrare nel mondo del lavoro. Intanto avevo trovato delle insegnanti già di ruolo e una direttrice che mi aiutò tantissimo, organizzò la scuola sussidiata, cioè con ragazzi che stavano in campagna e non potevano raggiungere la scuola. Poi alla fine facevano l’esame e ti davano un premio in denaro e ricordo la grande gioia quando mi vidi tra le mani 150 mila lire. I primi soldini, ero felicissima, fu una cosa bellissima. Dopo la scuola sussidiata ho fatto una scuola popolare, con le persone adulte. Ho avuto anche una vecchietta di ottant’anni, che frequentò e imparò a leggere e scrivere con me. Era mista c’erano maschi e femmine ed è durata sei mesi, poi si faceva l’esame e pure qua mi pagarono alla fine mi pare, sì sì anche qui. Qualche concorso non l’ho superato, poi facevo la supplente nella scuola elementare, ero contenta perché venivo accettata bene dai dirigenti di allora, i ragazzi si affezionavano, nonostante fossi stata così giovane. Faccio il concorso e vengo ammessa, pure con un bel voto. Poi c’era la prova orale, non posso mai dimenticare quando sono andata a vedere i quadri delle ammissioni agli orali, una gioia immensa, non capivo più niente. Questa è stata la cosa forse più bella della mia vita, perché da sola sono riuscita a raggiungere un traguardo così alto, bellissimo. Dopo di che sono entrata di ruolo. E io ero già fidanzata con nonno Eduardo.
Ecco, come vi siete conosciuti?
Andai con mia sorella ad una festa a casa di una amica a Via Mercanti, nel palazzo dove viveva il mio futuro marito e lì ballando è stato un colpo di fulmine.
E cosa hai pensato quando l’hai visto per la prima volta?
Mi ricordo che teneva la giacca di pelle, era ben vestito, simpatico. Poi incominciò a venire a Sordina a farmi un po’ la corte, e poi ci siamo fidanzati. È stato un fidanzamento che è durato otto anni, bellissimo, abbiamo avuto anche noi alti e bassi, senza forzature. Lui prendeva l’autobus per venire da me. Era uno studente di medicina e aveva pochi soldini, io intanto mi avviavo al lavoro sicuro. Poi nel ‘70 ci siamo sposati. Lui era ancora studente, e guadagnavo io, ci siamo fittati una bella casetta e dopo un anno arriva Stefania. Il nonno ancora non era laureato e studiava con un amico a casa e facevano anche da babysitter a tua madre. Poi dopo due anni nasce Ilaria e con la venuta di Ilaria migliora anche la situazione di tuo padre, mi pare si fosse già laureato, e aveva iniziato a lavorare alla Croce rossa. Poi fece l’esame di Stato e incominciò a lavorare all’ospedale di Salerno, e poi a Campolongo. C’erano solo quattro o cinque medici e lavorava come fisiatra, riabilitazione ortopedica. È stato anche dirigente. Io intanto ho fatto il mio percorso di insegnante, sono stata prima molto lontano, viaggiavo avendo pure le due bambine, e piano piano mi sono avvicinata. Poi però è arrivata una batosta pesantissima. Quando cominciò ad ammalarsi il nonno. All’inizio non si sapeva che male avesse e siamo stati a Siena per più di un mese, in neurologia, ma prima di Siena io e tua madre siamo state a Novara. E poi la situazione è un po’ migliorata, il nonno continuava testardo, voleva ancora guidare, andare al lavoro però la malattia gli impediva di fare tante cose e quindi si dovette ritirare. Siamo stati aiutati da un ragazzo filippino, che gli stava vicino e da altri.
Ma il nonno aveva la SLA?
Si era affetto da SLA. Piano piano, poco alla volta fu costretto a stare sulla sedia a rotelle. Ci sono state tante difficoltà che abbiamo affrontato con amore, e soprattutto dalla voglia di tuo nonno di partecipare alla vita. Dalla sedia fu breve il passaggio al letto e ci è stato ben undici anni. Sempre cosciente, e circondato da amici e parenti. In suo onore abbiamo celebrato in casa il matrimonio di tua madre a casa. Fu molto bello e commovente. Poi si è sposata zia Ilaria, sempre con la presenza del nonno, ma questa volta in chiesa. Dopo pochi anni sei poi arrivata tu, poi Sara, tuo Fratello e infine Francesco.
Ora la tua vita da pensionata com’è, sei felice?
Sono pensionata dal 1999, non avevo ancora l’età della pensione, me ne sono andata un pochino prima, per stare di più vicina al nonno. Avevo 57 anni.
E ora, sei felice?
Sì, sì, sì. Certo sono felice di vivere, potrei essere ancora più felice se potessi essere più attiva e vedere i miei nipoti contenti e felici, così come lo eravamo noi con poco. Ora sono contenta che mi sono cresciuti i nipoti, li ho cresciuti fin da piccolini. E prego che il Signore mi faccia vivere per farmeli godere a lungo.