Carmela Pierina

Carmela Pierina, nata nel 1947 a Sassari. Intervistata dalla nipote Elisa Galdolfo. Aprile 2023.


Ti piaceva andare a scuola?
Si mi piaceva tantissimo, era uno dei momenti che preferivo della giornata, mi piaceva tanto leggere e scrivere e imparare tante cose nuove, anche perché all’epoca molte persone erano analfabete.

Come andavi a scuola?
Molto bene, molto bene, ero tanto studiosa fin da bambina, precisissima soprattutto, la mia maestra portava sempre i miei quaderni per le altre classi per mostrarli agli altri insegnanti, voleva far vedere a tutti quanto ero brava, ed era davvero così [ride]. Però non era come adesso, che i genitori riempiono i figli di giocattoli e regali se prendono un buon voto, la mia famiglia non aveva possibilità, studiavo perché quello era il mio dovere e mi piaceva tanto oltre tutto.

Che mezzi usavi per andarci?
Andavo a piedi la scuola non era lontana e mi accompagnavano sempre entrambi i miei genitori, a me e ai miei fratelli, anche perché non avremmo avuto la possibilità di prendere i mezzi, i soldi non bastavano, mia mamma era una casalinga e papà faceva il calzolaio

Cosa portavi con te?
Allora... lo zaino intanto non lo avevamo, almeno a casa mia, io avevo una cartella di cartone con dentro un solo libro e dei quaderni, non grandi come quelli di ora, erano dei quadernini più piccoli e sottili. Non avevo un astuccio, bastava soltanto una penna e qualche matita sparsa nella cartella. La merenda invece ricordo che appena arrivati a scuola venivamo accompagnati dalle maestre in una sala in cui ci davano del latte, che non era molto buono mi ricordo, era un tipo di latte condensato che si scioglieva nell’acqua.

Invece la classe com’era composta?
Nella mia classe maschi e femmine erano insieme, avevamo tutti il grembiule blu, con un colletto non di stoffa ma di plastica e un grande fiocco bianco. I banchi di scuola invece erano molto diversi da quelli di adesso: eravamo seduti su dei banchi di legno, o singoli o doppi e c’era uno spazio dove appoggiare i piedi. La maestra era una soltanto e mi ricordo che la mattina quando entrava, tutti noi bambini ci alzavamo in piedi e dicevamo una preghiera.

Quali materie studiavi?
Tutte, tutte le materie. Non c’era qualche materia particolare, facevo tutto molto volentieri. Quando sono entrata alle elementari non ho iniziato subito a scrivere, riempivamo le paginette dei quaderni con le asticelle, puntini e cornicette. Materie più particolari che credo al giorno d’oggi non ci siano, le ho fatte alle medie, che ai tempi si chiamavano avviamento: c’era la calligrafia, si prendeva un pennino, si appoggiava nell’inchiostro e si dovevano scrivere perfettamente tutte le lettere, con parti più scure e più chiare, guai se si sbagliava.

Rimanendo sul periodo delle elementari, c’è un episodio in particolare che ti ricordi?
Allora, un episodio in particolare non riesco a ricordarlo, ma mi ricordo che le maestre erano spesso severe, a me non hanno mai sgridato, ma a molti miei compagni quando non facevano i compiti a casa, li metteva dietro alla lavagna in piedi come punizione, oppure un’altra cosa che facevano spesso erano le “bacchettate”, se così si può dire, sulle mani con una lunga bacchetta in legno. Io però ho sempre solo assistito, per fortuna a me non è mai successo.

Come si svolgeva la tua routine scolastica?
La mia routine scolastica?

Sì, cosa facevi durante la giornata in un normale giorno di scuola?
Allora, niente di particolare: mi svegliavo la mattina, facevo una piccola colazione con quel poco che c’era in casa e che mia mamma poteva darmi, in famiglia eravamo numerosi e ognuno aveva la sua porzione. Il pane ad esempio non si buttava mai, a pranzo infatti, un pranzo tipico che preparava mamma era il pane anche un po' indurito con sopra sugo e parmigiano. La colazione spesso era con latte e pane, ci si preparava
velocemente e poi si andava a scuola. Ci accoglievano nella piccola mensa e poi iniziavano le lezioni della mattina. Uscivo il pomeriggio e una volta a casa ci si metteva a fare i compiti assegnati, non si usava uscire con i compagni, a volte scendevamo giù al nostro palazzo e ci incontravamo con gli amichetti vicini. Non c’erano giochi, ci si divertiva con poco figlia mia, giocavamo a nascondino, campana, cose semplici di allora.

Ti ricordi qualche compagno di classe, hai ancora contatti con qualcuno di loro?
No no no, anche perché poi alla fine dell’avviamento mi sono trasferita, chi si fermava a giocare andava bene, non c’era l’amichetto del cuore che potevi telefonare, spesso ci si giocava quando ci si incontrava e non ci vedevamo più. Non c’è qualche nome di qualche bambino che mi ricordo, ai tempi era difficile rimanere in contatto con le persone, figuriamoci se adesso possa avere qualche contatto [ride].

Cosa ti manca di più di quel periodo?
Niente, [ride] non mi manca niente di quel periodo, non erano periodi speciali non c’era
niente di particolare, eravamo poveri e facevamo una vita molto semplice con quello che c’era... no no non tornerei indietro. Mi manca però tantissimo la mia città, quella proprio tanto tanto tanto…

Dopo la scuola sei emigrata da sola o con la tua famiglia? Com’era la situazione lì?
Allora... prima sono venuta da sola, avevo 13/14 anni, il motivo era perché dove sto adesso a Latina ai tempi c’era lavoro, poi mi hanno raggiunto i miei genitori, le mie sorelle e i miei fratelli, eravamo in otto. Anche per questo come senti ormai il mio accento sardo è andato via piano piano. Mio fratello mi ricordo aveva un edicola, io una volta qui sono andata a lavorare dentro le fabbriche, nella prima lavoravamo le calze bagnate, per prendere la forma del piede, mi ricordo faceva un caldo insopportabile,
nell’altra invece producevamo carciofini, alici sott'olio, tutte queste cose qui. Qua la situazione era molto diversa, abbiamo trovato tutti lavoro e tutto sommato si stava bene, sicuramente meglio di come vivevamo gli anni prima. Poi ho conosciuto nonno quando avevo 16 anni tramite una ragazza che lavorava in fabbrica con me, che era fidanzata con suo fratello, tutt’ora mio cognato.

Hai proseguito poi gli studi?
No, no, mi mancava un anno per finire l’avviamento, ma ho lasciato, non c’erano materie che mi interessavano soprattutto storia e geografia che non mi piacevano particolarmente, così mi sono concentrata sul lavoro…..